Disbiosi intestinale
Per disbiosi si intende ogni cambiamento dell’equilibrio della popolazione batterica intestinale (eubiosi).
La disbiosi intestinale influisce negativamente sull’insorgenza e sull’andamento di molte malattie, tra cui obesità, allergie e intolleranze alimentari, patologie infiammatorie, cardiovascolari e metaboliche.
Pertanto, l’analisi del microbiota intestinale può essere considerata come un nuovo e olistico target per il trattamento nutrizionale e non farmacologico di una serie di condizioni patologiche, anche attraverso l’integrazione con probiotici e prebiotici.
Le alterazioni nella flora intestinale e nelle sue attività sono ora ritenute fattori che contribuiscono a molte malattie croniche e degenerative come la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), le malattie infiammatorie dell’intestino (IBD), l’artrite reumatoide e la spondilite anchilosante.
L’ipotesi patogenetica della disbiosi intestinale suggerisce che un certo numero di fattori associati alla vita moderna occidentale hanno un impatto negativo sulla microflora del tratto gastrointestinale. Anche altri fattori come gli antibiotici, lo stress psicologico e fisico e alcuni componenti dietetici sono stati rilevati come influenti sulla disbiosi intestinale. Dunque, se tutte queste potenziali cause possono essere eliminate o almeno attenuate, i trattamenti mirati alla manipolazione della microflora possono essere più efficaci.
La disbiosi può manifestarsi in diverse forme di alterazione della flora intestinale, intesa come un’alterazione della flora simbiotica delle diverse regioni dell’intestino.
Tra queste forme è compresa la SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth).
Con il termine di SIBO s’intende una sovracrescita batterica nell’intestino tenue alla quale si associa un basso grado di infiammazione.
La SIBO si correla da un punto di vista generale all’IBS, alla LGS (Leaky Gut Syndrome) e all’obesità, a sua volta correlata al diabete mellito di tipo 2 e al rischio cardiovascolare.
La LGS o sindrome dell’intestino gocciolante è un’altra manifestazione di disbiosi intestinale che si basa sulla alterazione della permeabilità della barriera intestinale.
I sintomi della disbiosi intestinale
I principali sintomi della disbiosi sono:
- gonfiore addominale;
- flatulenza, eruttazione;
- dolore addominale, disagio o crampi;
- stipsi, diarrea o un’alternanza delle due;
- bruciore di stomaco;
- nausea;
- malassorbimento: steatorrea, anemia;
- sintomi sistemici: mal di testa, dolori muscolari, affaticamento, rosacea;
Dalla diagnosi al trattamento della disbiosi intestinale
Moltissime persone soffrono di disturbi intestinali non ben identificati e spesso aspecifici.
Le varie condizioni in cui è presente la disbiosi danno origine a sindromi diverse che richiedono test specifici. La valutazione globale del paziente portatore di una possibile condizione di disbiosi avviene attraverso uno screening a più livelli, durante il quale vengono raccolte prima le informazioni generali e poi i dati di laboratorio e/o strumentali, necessari al nutrizionista per attuare un intervento dietetico:
- questionario delle abitudini alimentari;
- test FODMAP (FODMAP= un gruppo di carboidrati e polioli che a livello dell’intestino tenue richiamano acqua e che vengono fermentati rapidamente dai batteri intestinali portando alla produzione di gas);
- questionari specifici per approfondire la sintomatologia;
- breath test al glucosio, al lattulosio, al sorbitolo, calprotectina;
- anticorpi anti transglutaminasi;
I probiotici
Il termine probiotico deriva dal greco “pro-bios”, che significa “a favore della vita”. I probiotici sono di fatto batteri benefici per l’uomo che vengono utilizzati nella terapia delle disbiosi intestinali e non solo.
I probiotici hanno un’azione eutrofica (ricostituente) dell’ecosistema fisiologico del microbiota intestinale, ovvero la popolazione di microrganismi che colonizza l’intestino.
Oggi si utilizzano prodotti a base di diverse specie di batteri (Lactobacillus, Bifidobacterium Saccharomyces) e ogni specie è formata da ceppi diversi che apportano benefici differenti. Tra questi ricordiamo l’utilizzo di Lactobacillus casei Shirota o Lactobacillus johnsonii, i quali, seppur abbiano un nome simile, hanno meccanismi d’azione differenti.
I probiotici sono ovviamente contenuti nei fermenti lattici specifici per patologia reperibili in farmacia; si trovano nei cibi fermentati come the kombucha, miso, kefir, tempeh e crauti. Sulla nostra tavola, poi, non devono mai mancare yogurt, formaggi fermentati e prodotti da forno derivati dalla pasta acida.
I prebiotici
I prebiotici sono sostanze di origine alimentare non digeribili che, se somministrate in quantità adeguate, portano benefici all’organismo grazie alla promozione selettiva della crescita e/o dell’attività di un gruppo selezionato di microrganismi che vivono nell’intestino.
Si tratta di fibre, per lo più di zuccheri complessi (oligofruttosio, inulina, galacto-oligosaccaridi e lattulosio) contenuti in alimenti quali: cicoria, banana, cipolla, aglio, carciofo, yacon, agave blu, porro, asparago, latte.
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