Cambiamento climatico e obesità


Le emissioni globali di gas serra derivanti dalla combustione di combustibili fossili sono aumentate in modo esponenziale dal 1950.
I principali contributori a tali emissioni di gas serra sono l’industria manifatturiera e l’edilizia, i trasporti, l’edilizia residenziale, commerciale, agricola e il cambiamento dell’uso del suolo e la silvicoltura, combinati con un aumento della popolazione globale. La popolazione è infatti cresciuta da 1 miliardo nel 1800 a 7,8 miliardi nel 2020.
In parallelo, si è avuto l’aumento dei tassi di obesità dagli anni ’80 in poi.
Effetto Covid-19
L’attuale pandemia di Covid-19 ha causato un certo calo delle emissioni di gas serra limitando la mobilità a livello globale tramite lockdown ripetitivi. Parallelamente, a seguito delle molteplici chiusure, si è verificato un ulteriore aumento dell’obesità nelle popolazioni più ricche. E’ anche aumentata la malnutrizione dovuta alla fame nelle popolazioni povere oltre alla morte per infezione grave da Covid-19 e dalle sue varianti.
Relazione adiposità e riscaldamento globale
Esiste una relazione bidirezionale tra adiposità e riscaldamento globale.
Il bilancio energetico è un concetto chiave nello sviluppo di strategie per combattere l’obesità.
Infatti, con l’aumento della temperatura dell’aria atmosferica, le persone in generale avranno una termogenesi meno adattativa e diventeranno meno attive fisicamente, mentre produrranno una quantità di CO2 più elevata.
Ruolo dell’attività fisica
L’attività fisica/esercizio, che sia di resistenza o di allenamento, porta a cambiamenti adattativi nel muscolo scheletrico e alla produzione e secrezione di miochine. Tra queste proteine, aumenta l’irisina che, oltre alla miogenesi, può trasformare gli adipociti bianchi in cellule simili al grasso bruno, causando un aumento del dispendio energetico.
Peccato che l’elevato inquinamento dell’aria dovuto al particolato ambientale contribuisca al cambiamento climatico ed è collegato a una ridotta attività fisica.
La termogenesi adattativa
La termogenesi adattativa è definita come la risposta complessa degli organismi omeotermici per aumentare il tasso di dispendio energetico al di sopra dei normali livelli di base durante l’esposizione al freddo al fine di mantenere stabile la temperatura interna.
Questo processo costituisce circa il 10% del dispendio energetico totale, percentuale che si attesta al di sopra dei livelli moderati di attività fisica.
Le evidenze scientifiche hanno dimostrato che l’aumento del tempo trascorso in una zona termica neutra (l’intervallo di temperature ambientali a cui il tasso metabolico è minimo) può portare a una perdita di tessuto adiposo bruno e a una ridotta capacità termogenica.
Con il progresso, il riscaldamento centralizzato e l’aria condizionata nelle case, nei trasporti e nelle imprese, si è verificato uno spostamento culturale dell’esposizione alla temperatura ambiente verso quella del comfort termico. La tendenza generale all’aumento delle temperature interne durante i mesi invernali è prevalente. Ovvero, le persone trascorrono meno tempo esposte a temperature estreme e più tempo in ambienti “comodi” a temperatura controllata.
Termogenesi indotta dalla dieta
La termogenesi indotta dalla dieta è determinata dai nutrienti consumati. L’energia rilasciata sotto forma di calore è la più bassa per i grassi (2%), seguiti da glucosio (8%), proteine (20-30%) e alcol (22%) con un’ampia variabilità interindividuale determinata da fattori genetici, genere, vari ormoni e l’attività del sistema nervoso simpatico.
Ad esempio, l’ormone tiroideo regola il metabolismo basale e il dispendio energetico. Di conseguenza, la termogenesi indotta dal freddo è maggiore negli eutiroidei rispetto agli ipotiroidei.
Gli adulti in sovrappeso e obesi sono a maggior rischio di malattie o lesioni legate al calore. Gli anziani obesi infatti hanno il doppio delle probabilità di morire durante l’ondata di caldo rispetto agli individui non obesi. Infatti, il colpo di calore si verifica molto più frequentemente nelle persone obese o in sovrappeso rispetto agli individui di peso normale a causa della ridotta capacità di dissipare il calore.
La dieta amica del pianeta
Per ridurre i tassi di obesità, si dovrebbe essere disposti a saperne di più sull’impatto ambientale, su come ridurre al minimo il consumo di energia che genera anidride carbonica e altre emissioni di gas serra e ridurre gli sprechi alimentari.
Si stima che le diete a basso contenuto di carne, come la dieta mediterranea, riducano le emissioni di gas serra del 72%, l’uso del suolo del 58% e il consumo di energia del 52%.
Una recente revisione sistematica e meta-analisi di studi di coorte ha concluso che una riduzione dell’assunzione di 3 porzioni di carne non lavorata o lavorata a settimana era associata a una riduzione molto piccola della mortalità complessiva per cancro nel corso della vita. Una tale riduzione del consumo di carne lavorata e non trasformata è stata trovata anche associata a una piccolissima riduzione del rischio di mortalità cardiovascolare, ictus, infarto miocardico e diabete di tipo 2, quest’ultimo riconosciuto come collegato all’obesità.
Take home message
Le strategie che migliorano la salute di ogni individuo sul pianeta e “salvano il pianeta” affronteranno le sfide in varie parti del mondo semplicemente per volontà politica, considerazioni economiche, differenze culturali, infrastrutture e molti altri fattori.
Ma alla fine, è compito di ogni individuo dare il proprio massimo sforzo e contributo per vivere una vita più sana all’insegna della sostenibilità. Anche mangiando sano.



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