Bisogna difendersi
Ospitando milioni di microrganismi, il tratto digerente è la parte primaria e più importante della colonizzazione batterica.
Da un lato, in caso di invasione opportunistica, l’abbondante popolazione batterica all’interno dei tessuti intestinali può affrontare infiammazioni e infezioni. Per questo il sistema immunitario si è evoluto, per sostenere la relazione simbiotica ospite-microbiota.
D’altra parte, per mantenere l’omeostasi immunitaria dell’ospite, la microflora intestinale esercita spesso una funzione immunoregolatrice che non può essere ignorata.
Meccanismo d’azione
Un campo di grande interesse è l’associazione del microbiota o dei probiotici con il sistema immunitario per eventuali usi clinici.
Di fatto, questa comunità microbica regola alcune delle funzioni metaboliche e fisiologiche dell’ospite e guida la maturazione precoce del sistema immunitario, contribuendo alla loro omeostasi per tutta la vita.
I cambiamenti nel microbiota intestinale possono verificarsi attraverso la modifica della funzione, della composizione (disbiosi) o delle interazioni tra microbiota e ospite. Studi su animali ed esseri umani dimostrano che i probiotici possono avere un effetto fondamentale sulla modulazione dei meccanismi immunitari e infiammatori; tuttavia, i meccanismi precisi non sono stati ancora ben definiti.
Abitudini alimentari, età, BMI (indice di massa corporea), farmaci e stress possono confondere i benefici dell’assunzione di probiotici.
Oltre alle funzioni intestinali dell’ospite (permeabilità e fisiologia), tutti questi agenti hanno profonde implicazioni per la composizione del microbioma intestinale.
L’uso di probiotici potrebbe migliorare la popolazione microbica intestinale, aumentare la secrezione di muco e così prevenire la distruzione delle proteine a giunzione stretta diminuendo il numero di lipopolisaccaridi (LPS). Quando LPS lega le cellule endoteliali ai recettori toll-like (TLR 2, 4), le cellule dendritiche e le cellule dei macrofagi vengono attivate e i marker infiammatori aumentano.
Inoltre, una diminuzione della disbiosi intestinale e delle perdite intestinali dopo la terapia probiotica può ridurre al minimo lo sviluppo di biomarcatori infiammatori e smorzare l’attivazione non necessaria del sistema immunitario.
A loro volta, i probiotici migliorano la differenziazione delle cellule T verso Th1, riducendo il tipo Th2 e così lo sviluppo di citochine da Th2 come IL-4 e IL-10.
Prospettive terapeutiche
Siamo ora solo all’inizio della comprensione dei meccanismi intimi che regolano la coevoluzione di uomini e microbi. Dopo più di vent’anni di ricerca è apparso chiaro che ogni ceppo probiotico anche della stessa specie probiotica può comportarsi diversamente a seconda delle sue specifiche vie metaboliche, della quantità di probiotico somministrato, dell’interazione tra probiotici e l’ospite, l’ospite stesso e il suo microbiota, dieta, durata del trattamento e tutte le altre possibili variabili.
In futuro, ogni trattamento probiotico sarà adattato al paziente specifico in quella particolare situazione clinica per mettere a punto un trattamento biologico robusto e su misura per il paziente.
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