Dieta della fertilità

Metabolismo energetico e riproduzione
gravidanza

Nei mammiferi femminili, si sono sviluppati diversi meccanismi, nel corso dell’evoluzione, atti ad integrare stimoli ambientali, nutrizionali e ormonali per garantire la riproduzione in condizioni energetiche favorevoli e inibirla in caso di scarsità di cibo.

Questa strategia metabolica potrebbe essere un vantaggio in ambienti nutrizionalmente poveri, ma al giorno d’oggi purtroppo va a colpire la salute delle donne.

La disponibilità illimitata di sostanze nutritive, in associazione con un dispendio energetico ridotto, porta alle alterazioni di molte vie metaboliche col venir meno della inter-relazione finemente sincronizzata tra il metabolismo energetico e la fertilità femminile.

Sovrappeso, obesità e, di contro, anche l’attività fisica intensa sono tutte condizioni che alterano i profili di specifici di ormoni, come l’insulina e le adipochine, compromettendo la fertilità. Inoltre, specifiche classi di sostanze nutritive assunte in abbondanza possono influenzare la fertilità femminile agendo su particolari vie di segnalazione: acidi grassi, carboidrati, proteine ​​e componenti alimentari associate (come perturbatori endocrini) hanno di per sé attività fisiologiche e la loro assunzione senza equilibrio, sia in termini quantitativi che qualitativi, potrebbe mettere in pericolo l’omeostasi metabolica e la fertilità nelle donne in premenopausa.

Anche se siamo lontani da identificare una “dieta della fertilità”, uno stile di vita e interventi dietetici correttivi potrebbero rappresentare una strategia promettente e preziosa per gestire l’infertilità nelle donne prima della menopausa.

Nelle donne in età fertile, l’aderenza alla dieta di tipo mediterraneo sembra ridurre il rischio di aumento di peso e la resistenza all’insulina, aumentando così la probabilità di una gravidanza, come suggerito da uno studio che mostra un aumento del 40% durante la gravidanza con successo tra le coppie sottoposte a inseminazione in vitro.

Diversi studi condotti su animali da esperimento suggeriscono che l’aumentata assunzione di oli vegetali ricchi di acido linoleico, un acido grasso n-6, che può essere ottenuto solo dalla dieta, può migliorare il processo riproduttivo. Infatti, l’acido linoleico e altri acidi grassi n-6, precursori delle prostaglandine, potrebbero svolgere un ruolo importante nell’inizio del ciclo mestruale, la crescita e lo sviluppo di follicoli antrali pre e l’ovulazione, così come nel mantenimento della gravidanza ottimizzando la recettività endometriale. Alcuni studi hanno dimostrato che il consumo di n-6 PUFA invece di MUFA è stato associato ad un ridotto rischio di infertilità ovulatoria.

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Bibliografia :
Fonti :

mar 23 febbraio 2016
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