Ansia: colpa dei fosfati alimentari?

Uno studio sperimentale
fosfati-alimentari

Negli ultimi anni, la scienza ha messo in luce quanto l’alimentazione influenzi non solo la salute fisica, ma anche quella mentale. Un nuovo studio condotto su topi maschi adulti suggerisce che un eccessivo consumo di fosfati inorganici — additivi comunemente utilizzati come conservanti e miglioratori del sapore — potrebbe favorire comportamenti ansiosi, alterando la funzione neuroimmunitaria e l’equilibrio cerebrale.

I fosfati inorganici (Pi) sono composti ampiamente impiegati nell’industria alimentare, presenti in una vasta gamma di prodotti trasformati: carni lavorate, formaggi fusi, bevande gassate, prodotti da forno e fast food.
Sebbene siano considerati sicuri entro certi limiti, la loro assunzione reale nella dieta occidentale è spesso superiore alle quantità raccomandate, anche perché le normative ne regolano poco la concentrazione totale negli alimenti.

Oltre agli effetti noti su metabolismo e salute cardiovascolare, il loro impatto sul cervello e sul comportamento è rimasto finora poco indagato. Questo studio ha voluto colmare tale lacuna, esplorando come un consumo cronico di fosfati possa influenzare il benessere mentale.

Lo studio

I ricercatori hanno condotto un esperimento su topi maschi adulti di ceppo C57BL/6, divisi in due gruppi: uno alimentato con una dieta a contenuto normale di fosfato (NP) e l’altro con una dieta ad alto contenuto di fosfato (HP) per un periodo di 12 settimane.

Durante e dopo la dieta, gli animali sono stati sottoposti a test comportamentali per valutare ansia e reazioni alla paura, oltre ad analisi istologiche e genetiche del cervello.

  1. Comportamento: più ansia nei topi con dieta ricca di fosfati

Nei test del campo aperto (OFT), i topi nutriti con fosfati in eccesso hanno mostrato una marcata tigmotassi, cioè tendevano a restare vicini alle pareti della gabbia piuttosto che esplorare il centro — un chiaro segno di comportamento ansioso.
Allo stesso modo, nel test di condizionamento alla paura, trascorrevano più tempo immobili (“freezing”), anche in assenza di stimoli minacciosi, confermando una maggiore reattività allo stress.

  1. Struttura cerebrale e cellule immunitarie: segnali di squilibrio

Le analisi istologiche hanno evidenziato una riduzione significativa della densità neuronale nell’ipotalamo, regione coinvolta nella regolazione dello stress e delle emozioni, mentre la vascolarizzazione cerebrale non mostrava alterazioni evidenti.

L’immunofenotipizzazione ha invece rivelato una diminuzione delle cellule T e delle cellule NK (natural killer) residenti nel cervello, indicando una perturbazione dell’omeostasi immunitaria neuronale.
Questi cambiamenti suggeriscono che una dieta ricca di fosfati può interferire con la normale comunicazione tra sistema nervoso e sistema immunitario, un asse cruciale per il mantenimento della salute mentale.

  1. Espressione genica: alterazioni nei circuiti dello stress

L’analisi dell’espressione genica mediante sequenziamento dell’RNA (RNA-Seq) ha confermato modifiche profonde nei geni dell’ippocampo, una delle aree chiave per la memoria e la regolazione emotiva.
In particolare, sono stati riscontrati:

  • Aumento di Neat1 e Stat3, geni associati alla risposta allo stress, alla neuroinfiammazione e alla degenerazione neuronale.
  • Riduzione di Igf2, coinvolto nella plasticità sinaptica e nella resilienza neuronale.

Tali modifiche genetiche potrebbero rappresentare il collegamento molecolare tra eccesso di fosfati, infiammazione cerebrale e sviluppo di sintomi ansiosi o depressivi.

Significato clinico

Nel complesso, lo studio mostra che un consumo elevato e prolungato di fosfati alimentari può indurre ansia cronica nei topi, accompagnata da cambiamenti strutturali e immunitari nel cervello.
Anche se i risultati riguardano un modello animale, le implicazioni per l’uomo sono rilevanti, poiché la popolazione occidentale è esposta quotidianamente a elevate quantità di fosfati nascosti nei cibi industriali.

Gli autori sottolineano la necessità di:

  • monitorare e regolamentare l’uso dei fosfati nell’industria alimentare,
  • promuovere campagne di sensibilizzazione sui rischi associati agli additivi fosfatici,
  • e approfondire gli effetti dei fosfati sul cervello umano con studi clinici longitudinali.

Questo studio aggiunge un tassello importante alla comprensione del legame tra alimentazione e salute mentale.
Anche nutrienti apparentemente innocui, come i fosfati, possono avere effetti profondi e insospettati sul cervello, influenzando le emozioni, il comportamento e la vulnerabilità allo stress.

Ridurre il consumo di alimenti ultra-processati, limitare gli additivi e preferire una dieta equilibrata e naturale non è solo una scelta salutare per il corpo, ma anche un investimento per la salute della mente.

 

Bibliografia : Pavel Yanev, Thomas A. Ujas, Han-Kyul Kim et al

mar 14 ottobre 2025
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