Vegetarianesimo e salute ossea, esiste un rischio?
La dieta vegetariana è generalemente considerata uno stile di vita altamente salutare. Gli individui vegetariani presentano globalmente un rischio inferiore di incorrere in patologie croniche rispetto alla popolazione generale.
La salute ossea delle persone vegetariane costituisce però da qualche tempo motivo di preoccupazione da parte dei medici.
La densità minerale ossea degli individui vegetariani, e ancor di più dei vegani, risulta infatti mediamente inferiore rispetto ai soggetti onnivori, tuttavia non è chiaro se queste abitudini alimentari favoriscano il rischio di fratture da fragilità.
Lo studio
Il presente lavoro ha esaminato l’associazione tra vegetarianesimo e la riduzione della massa ossea in donne in post menopausa, analizzando l’effetto della dieta sui markers del turn-over osseo.
Lo studio, condotto in forma di analisi prospettica, ha coinvolto 210 donne, ugualmente ripartite in due gruppi di vegetariane e onnivore. Dal 2008 al 2010 è stata valutata la densità minerale ossea delle partecipanti. I ricercatori hanno quindi valutato le concentrazioni sieriche del telopeptide C-terminale del collagene di tipo I e del propeptide N-terminale del procollagene di tipo I, così come quelle di 25-idrossivitamina D e di ormone paratiroide.
Nelle donne che hanno superato la menopausa il contenuto minerale osseo riflette il risultato della somma tra il picco minerale osseo raggiunto in giovane età e la perdita fisiologica di matrice associata all’invecchiamento, la quale origina da uno squilibrio tra i processi di formazione e riassorbimento.
Contrariamente a quanto atteso, la rapidità nella perdità di osso non differiva tra i due gruppi, così come non variava l’incidenza di fratture. Allo stesso modo, non sono state osservate differenze importanti nelle concentrazioni dei marker serici analizzati e non vi era alcuna associazione tra questi marker e la rapidità nella perdita di osso.
Negli individui vegani è stata rilevata una più spiccata insufficienza di vitamina D accompagnata da una minore assunzione di calcio. Tuttavia questi due fattori non risultavano associati alla perdita di osso.
Significato clinico
Globalmente, un basso peso corporeo, l’elevata assunzione di proteine animali e lipidi e l’utilizzo di farmaci corticosteroidi sono emersi quali fattori associati ad una maggiore velocità della perdita di osso da questo sito scheletrico. Il ruolo delle proteine di origine animale era già emerso da studi precedenti e sarebbe riconducibile alla produzione di eccessive quantità di acidi endogeni, i quali favorirebbero un più rapido riassorbimento del tessuto e quindi una maggiore riduzione di matrice ossea.
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