Algoritmo FRAX, uno strumento affidabile?
Le fratture da fragilità o debole trauma sono causa di disabilità ed aumentano il rischio di mortalità, specialmente nelle donne in post-menopausa.
Numerosi studi hanno dimostrato che oltre la metà dei casi di frattura ossea si verificano in persone affette da osteopenia, una condizione meno grave dell’osteoporosi conclamata ma più diffusa e che richiede particolare attenzione.
L’algoritmo FRAX, sviluppato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è uno strumento analitico che consente di valutare il rischio individuale di frattura dell’anca a dieci anni e fornisce importanti informazioni cliniche per stabilire la necessità di intervento terapeutico. Gli elementi che contribuiscono al calcolo della probabilità di frattura comprendono la densità minerale ossea del collo femorale, le fratture precedenti, la storia familiare di fratture, l’età, il sesso, il valore dell’indice di massa corporea (BMI), l’abitudine al fumo e all’alcol, l’utilizzo di farmaci glucocorticoidi e la presenza di artrite reumatoide.
L’algoritmo FRAX è applicabile alle donne in post menopausa e agli uomini di età superiore ai 40 anni, purchè non in terapia anti-osteoporotica. Le attuali linee guida del National Osteoporosis Foundation stabiliscono come soglia per il trattamento un punteggio del rischio di frattura dell’anca equivalente o superiore al 3%, oppure un valore uguale o superiore al 20% per le fratture osteoporotiche maggiori (colonna vertebrale, avambraccio, femore, spalla).
Lo screening basato sull’algoritmo FRAX marca il passaggio ad una strategia d’intervento basata sulla probabilità di frattura piuttosto che sulla semplice diagnosi di osteoporosi. Questa situazione rappresenta un cambio nel paradigma diagnostico, non più basato esclusivamente sul valore della densità minerale, ma comprensivo di più elementi che contribuiscono alla fragilità ossea.
Normalmente vi è una forte concordanza tra il risultato FRAX e l’esito dell’esame densitometrico. La maggior parte dei pazienti definiti elevato rischio di frattura in base al calcolo FRAX presentano infatti valori T-score densitometrici nel range osteoporotico, mentre quelli a basso rischio hanno T-score normali. Tuttavia, nelle situazioni di rischio intermedio l’esame della densità minerale ossea è necessario per raggiungere una certezza diagnostica e per giustificare la necessità dell’intervento terapeutico.
Una recente analisi cross-sectional ha cercato di stabilire quale sia la strategia di screening ottimale per stabilire la soglia diagnostica d’intervento farmacologico dei pazienti a rischio di frattura osteoporotica. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Journal of the American Geriatrics Society.
L’analisi ha coinvolto oltre 200 donne con fragilità ossea di età media 85 anni non trattate con bisfosfonati. I ricercatori hanno valutato il rischio di frattura individuale in base ai seguenti criteri diagnostici; gli episodi di frattura clinica dell’anca e spinale, la densità minerale ossea e la presenza di fratture vertebrali (mediate assorbiometria a doppio raggio X DXA), la probabilità del rischio di frattura a dieci anni (calcolata con l’algoritmo FRAX basato sia sulla densità minerale del collo femorale (FRAX-FN) che sull’indice di massa corporea (FRAX-BMI) e, infine, la densità ossea del calcagno (misurata con strumento ad ultrasuoni).
I risultati dello studio hanno dimostrato che l’eleggibilità al trattamento farmacologico variava in modo considerevole, dal 20% alla quasi totalità delle partecipanti, a seconda del metodo diagnostico impiegato. I criteri di eleggibilità oscillavano tra il 17% delle pazienti, in base agli episodi di frattura clinica, e il 98%, secondo il punteggio FRAX-BMI. Un dato significativo riguarda le fratture vertebrali, riscontrate nel 47% dei pazienti, delle quali il 74% silenti.
Complessivamente, i criteri basati sulla presenza di fratture cliniche, sulla densità minerale ossea e sul riscontro di fratture vertebrali identificavano almeno un 73% di pazienti eleggibili al trattamento. L’algoritmo FRAX-FN suggeriva invece la necessità di intervento farmacologico nell’81% delle partecipanti. Tuttavia questo metodo potrebbe avere tralasciato un importante 10% di individui con fratture silenti. Infine, l’esame ad ultrasuoni del calcagno destinava al trattamento almeno il 39% delle pazienti.
Le fratture vertebrali sono piuttosto comuni e definiscono un sottogruppo di pazienti difficilmente identificabile attraverso gli algoritmi. La presenza di questi traumi può essere infatti dimostrata solo attraverso un approfondito esame radiologico.
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