Quale dieta è sana?


Studi epidemiologici suggeriscono che l’assunzione frequente di carni lavorate e alimenti con un alto indice glicemico è associata ad un aumentato rischio di diabete di tipo 2. Non è chiaro se questo è dovuto alla sensibilità all’insulina alterata o al glucosio postprandiale elevato.
Lo studio
La risposta metabolica acuta postprandiale è stata valutata con due diversi tipi di pasti, dopo quattro settimane di protocollo, in uno studio crossover randomizzato. I volontari hanno consumato o una dieta a base di farine raffinate e carne rossa o una dieta costituita da pollo / noci / farine integrali/ latticini. Dopo un periodo di washout di tre settimane hanno alternato la dieta consumando i pasti corrispondenti.
Le diete differivano rispetto alle due fonti di proteine e carboidrati.
Cinquantuno partecipanti (età: 35.1 ± 15.6 anni; indice di massa corporea: 27.7 ± 6.9 kg / m², 17 con normale tolleranza al glucosio e 34 con insulino-resistenza) hanno completato due prove di pasto.
L’area sotto la curva (p <0,001) e l’area sotto la curva incrementale (p = 0,001) per l’insulina era significativamente più elevata dopo la dieta grano raffinato/ carni rosse.
C’era un’interazione tra pasto e gruppo tolleranza al glucosio (p <0.05) nell’area sotto la curva (AUC) e l’area sotto la curva incrementale (IAUC) di glucosio; la dieta grano raffinato/carne rossa ha provocato un aumento glicemico nel gruppo con normale tolleranza all’insulina (2,5 mmol / L / 3 h).
Assumere carne rossa e grano raffinato ha portato a elevati livelli di insulina e glucosio incrementale, coerente con l’aumento della resistenza all’insulina, osservata negli adulti relativamente insulino-resistenti.
Significato clinico
La reazione avversa sui livelli insulinemici indica possibili meccanismi attraverso i quali queste diete potrebbero influenzare il rischio di diabete di tipo 2, compreso lo stress al pancreas sul lungo periodo. La popolazione di questo studio consisteva di 63% caucasici, 28% asiatici e 9% dei soggetti dell’America Latina con oltre il 50% di età <40 anni. Ulteriore lavoro deve essere fatto su popolazioni più ampie e sui singoli componenti del pasto per definire quale sia il fattore più importante.



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