Low-carb è meglio

Un’analisi dallo studio Nhanes
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La depressione rappresenta una patologia molto diffusa a livello globale. Tuttavia, l’influenza delle abitudini alimentari, e in particolare la relazione tra il rapporto calorico di assunzione di carboidrati (CRC) e la depressione, rimane poco chiara.

Lo studio

Questa recente analisi utilizza i dati del database NHANES che coprono il periodo 2005-2020. La depressione è stata valutata utilizzando il Patient Health Questionnaire-9 (PHQ-9). Il CRC è stato calcolato come assunzione totale di carboidrati*4/assunzione calorica totale.

Sono stati inclusi i dati di 9254 partecipanti, con 1530 individui identificati con diagnosi di depressione.

Un CRC più elevato, superiore al 54,1% (quartile 4 (Q4) della popolazione), è stato associato a livelli più elevati di sintomi depressivi.

I modelli di regressione logistica multivariata aggiustati hanno indicato un livello di depressione più elevato, un rischio più elevato di depressione (del 33%) e un impatto più elevato della depressione sulla qualità della vita a livelli CRC nel Q4 rispetto al quartile 1 (Q1).

Significato clinico

In questo ampio studio trasversale, i risultati suggeriscono che un tasso più elevato di carboidrati assunti è significativamente associato a una maggiore probabilità di sintomi depressivi tra gli adulti statunitensi, suggerendo un’importante relazione tra dieta e salute mentale.

Una dieta con un basso rapporto calorico di carboidrati (CRC) (<130 g carboidrati/giorno) o una dieta chetogenica (<25–50 g/giorno) è stata efficacemente implementata nella gestione del diabete di tipo 2 e dell’obesità. In particolare, queste diete hanno attirato notevole attenzione per i loro potenziali benefici riguardanti disturbi neurologici e mentali.

Rispetto a una dieta a basso contenuto di grassi, una dieta a basso contenuto di carboidrati migliora significativamente il metabolismo glucidico e attenua la depressione nei pazienti con diabete di tipo 2. Questo miglioramento può essere attribuito alla stimolazione della crescita e dell’attività nei batteri intestinali che producono acidi grassi a catena corta. Esistono anche prove di supporto in modelli animali: queste suggeriscono che un elevato apporto di carboidrati e grassi aumenti il rischio di sindrome metabolica e depressione promuovendo l’infiammazione e lo stress ossidativo.

 

Bigliografia : Yifei Tan, Shiwen Yu, Yao Cao et al.

mar 24 settembre 2024
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