Il burro torna di moda? Olio di oliva e grassi vegetali ancora da preferire

Limitarlo comunque
Intolleranza al lattosio

Si sente spesso dire che sia giunto il momento di riabilitare il burro. Un recente studio pubblicato su JAMA Internal Medicine richiama, però, alla dovuta prudenza. In questa ricerca, in cui più di 126 mila persone sono state seguite per circa 30 anni, i ricercatori della Harvard School of Public Health di Boston hanno osservato che sostituendo il 5% delle calorie da grassi saturi (come per esempio quelli di burro, lardo, oli di cocco e palma e carni rosse ) con grassi insaturi (come quelli di olio d’oliva e di semi e della frutta secca a guscio), il rischio di mortalità si riduceva del 22%.

Da un’analisi più dettagliata, è emerso che i più elevati consumi di grassi insaturi, sia monoinsaturi sia polinsaturi, si associavano a minor rischio di mortalità per malattie neurodegenerative e respiratorie e, in particolare, che i polinsaturi della serie omega 3 e soprattutto l’acido alfa linolenico (noci, semi di lino e vegetali a foglia verde) sembravano proteggere dalle malattie neurodegenerative; i polinsaturi della serie omega 3 a lunga catena (quelli dei pesci) da mortalità per malattie respiratorie e morte cardiaca improvvisa e i polinsaturi delle serie omega 6 (presenti in particolare in oli vegetali, frutta secca a guscio e semi) da malattie cardiovascolari, respiratorie e cancro.

«Questo studio – osserva Adriana Branchi, responsabile del Centro per lo studio e la prevenzione dell’aterosclerosi, Fondazione Irccs Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico, Milano – è di grande rilievo per la numerosità dei partecipanti e per la durata dell’osservazione e conferma quanto noto da decenni: nell’alimentazione quotidiana va controllata la quantità di grassi, ma prima ancora la loro qualità. È meglio dare la preferenza ai grassi di origine vegetale, quali gli oli di oliva e di semi, piuttosto che animale, e ridurre il più possibile i grassi trans, che si formano in prevalenza durante i processi industriali di idrogenazione, come nelle margarine di vecchia concezione. «Questo tipo di alimentazione – conclude Branchi – ha dato prova in numerose ricerche di ridurre l’incidenza di varie malattie , comprese alcuni tipi di cancro e malattie cardiovascolari». «Il problema di una corretta alimentazione non sta certamente solo nel controllo dei grassi e lo conferma questa ricerca – aggiunge Domenico Sommariva, vicepresidente della sezione lombarda della Società italiana per lo studio dell’arteriosclerosi – in cui si è anche visto che se la sostituzione dei grassi veniva fatta con i carboidrati, la riduzione del rischio di morte era minima. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che nella dieta americana, ma spesso anche nella nostra, i carboidrati provengono in gran parte da farine raffinate e zuccheri (pensiamo a pane bianco, dolci, caramelle) il cui impatto sulla salute può essere peggiore di quello dei grassi». «Quindi – chiarisce Sommariva – non solo i grassi, ma anche i carboidrati vanno scelti privilegiando, come fonti, i cereali integrali, i legumi, la frutta e la verdura». In conclusione, il modello mediterraneo, che ha già dato prova di essere efficace nel ridurre il rischio di molte malattie, si rivela ancora una volta vincente.

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