Dolcificanti? Anche no
Si usano ampiamente i dolcificanti non nutritivi (NNS) nei tentativi di ridurre l’apporto calorico giornaliero complessivo, perdere peso e sostenere una dieta sana.
In generale, ci sono tre tipi principali di dolcificanti utilizzati nell’industria alimentare oggi: edulcoranti ad alta intensità (ad es. Acesulfame potassio, advantame, aspartame, neotame, saccarina e sucralosio), alcoli di zucchero (ad es. Eritritolo, glicerolo, mannitolo, sorbitolo e xilitolo) e dolcificanti naturali (ad es. miele, polvere di lucuma, sciroppo d’acero, frutto di monaci noto come estratto di frutta di siraitia grosvenorii , stevia e sciroppo di yacon). Gli edulcoranti ad alta intensità possono essere sintetici o naturali e sono classificati in due categorie: nutritivi e non nutritivi. La maggior parte dei dolcificanti ad alta intensità usati oggi rientra nella categoria non nutritiva, ad eccezione dell’aspartame.
I dolcificanti non nutritivi interagiscono con i recettori del gusto dolce, con la composizione del microbiota intestinale e con le risposte metaboliche per alimenti dolci, con una maggiore assunzione di cibo e conseguente aumento di peso.
Esistono dati scientifici insufficienti a supporto della sicurezza del consumo di NNS.
Tuttavia, studi recenti hanno suggerito che il consumo di NNS può indurre la disbiosi del microbiota intestinale e promuovere l’intolleranza al glucosio in individui sani e possono causare lo sviluppo del diabete mellito di tipo 2.
Questa sequenza di eventi può provocare cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale attraverso i microRNA (miRNA).
I meccanismi con cui i miRNA alterano l’espressione genica di diverse specie batteriche fornisce un collegamento tra il consumo di NNS e lo sviluppo di cambiamenti metabolici.
Un altro meccanismo potenziale che collega l’NNS ai cambiamenti metabolici è il rapporto tra i recettori dell’insulina (IR) e i recettori accoppiati alle proteine G (GPCR): il microbiota intestinale può produrre acidi grassi a catena corta (SCFA) come metaboliti dalla dieta che si legano a GPCR specifici e conferiscono resistenza all’insulina attraverso l’attivazione parziale della segnalazione del recettore dell’insulina (IR) senza che ci sia il ligando.
In sintesi, il consumo di NNS può attivare vie di segnali GPCR che portano all’attivazione crociata dei recettori dell’insulina attraverso il recettore della neuromedina B (NMBR) e infine promuovere lo sviluppo della resistenza all’insulina e del diabete 2.
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