Dibattito sodio-salute cardiovascolare: siamo vicini a una soluzione?

Range tollerato di consumo.
Bia e sodio

A trarre le conclusioni della disputa sono i ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, i quali hanno esaminato gli studi prodotti fino ad oggi sulla relazione tra consumo di sodio e il rischio cardiovascolare, fornendo una possibile spiegazione dei dati spesso contrastanti.

In base risultati, pubblicati sulla rivista American Journal of Hypertension, esisterebbe un range di consumo giornaliero di sodio entro il quale la salute cardiovascolare e generale non sarebbe messa in pericolo. Solo al superamento dell’estremo superiore ed inferiore di questo intervallo può esistere un rischio tangibile.

Il dibattito ormai decennale trae origine dalle raccomandazioni diffuse di limitare l’assunzione di sodio per prevenire l’ipertensione. Infatti, numerose perplessità di sono levate a supporto di possibili effetti negativi dovuti ad un’eccessiva restrizione del minerale, principalmente complicazioni metaboliche e neurologiche. Ad oggi, almeno 23 studi osservazionali condotti hanno fornito risultati fortemente contrastanti sull’effetto della riduzione del sodio sugli esiti cardiovascolari.

Numerosi studi hanno dimostrato un’associazione inversa con gli esiti cardiovascolari per un’assunzione giornaliera di sodio inferiore a 4,5 g giornalieri mentre un’assunzione superiore a 4,5 g sembra presentare associazioni dirette con le complicazioni cardiache. Infine, studi randomizzati hanno evidenziato una probabilità di mortalità superiore nei soggetti caratterizzati da un consumo giornaliero medio di 1,8 g rispetto a coloro con un consumo pari a 2,8 grammi.

Complessivamente, questi risultati suggeriscono l’esistenza di una relazione di tipo J tra l’assunzione del minerale con la dieta e gli esiti cardiovascolari. Tradotta in numeri quest’osservazione suggerisce che per un’assunzione superiore o inferiore al range di 2,5-6,0 grammi giornalieri il rischio cardiovascolare aumenta mentre non si modifica per un consumo interno all’intervallo proposto. In particolare, un consumo eccessivo di sodio sarebbe estremamente dannoso per gli individui sovrappeso e obesi che già presentano fattori di rischio cardiovascolare.

Secondo gli autori della pubblicazione, gli effetti negativi cardiovascolari legati alla restrizione del sodio sarebbero mediati da una serie di anomalie neuroumorali, lipidiche e relative alla secrezione dell’insulina. A queste si aggiungerebbero l’aumento della renina plasmatica e la riduzione della filtrazione glomerulare, responsabili della ridotta perfusione tessutale. All’estremo opposto dell’intervallo, l’ipertensione arteriosa sarebbe la principale causa di eventi cerebrovascolari. La restrizione eccessiva del sodio sembra inoltre produrre risultati avversi anche nella gestione dell’insufficienza cardiaca, del diabete e dell’ipertensione. Un consumo giornaliero inferiore a 2,0 g sembra infatti aumentare la mortalità nei soggetti malati.

I risultati della pubblicazione riflettono il carattere evolutivo e incline all’autocorrezione della ricerca clinica. Attualmente, l’ipotesi più accreditata in merito alla relazione tra sodio alimentare e salute cardiovascolare sembra fare riferimento ad una “zona sicura” di assunzione del minerale compresa tra 2,5 e 6,0 grammi giornalieri. Solo oltre gli estremi di questo intervallo sarebbe ipotizzabile un rischio. 3,5 grammi giornalieri di sodio potrebbero dunque costituire un apporto adeguato del minerale. I ricercatori hanno comunque precisato di rivolgere attenzione agli altri minerali e micronutrienti, in particolare al rapporto tra sodio e potassio, nel valutare il profilo di rischio cardiovascolare.

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Fonti :

lun 18 giugno 2012
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