Cambiare il metabolismo per combattere il cancro?

L’aiuto dell’alimentazione
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La riprogrammazione metabolica, nota anche come “effetto Warburg”, è considerata una caratteristica distintiva del cancro, anche se la sua rilevanza sembra essere ancora più generale, poiché tutti i segni distintivi identificati si basano su cambiamenti metabolici.

Infatti, è necessaria una diminuita attività degli enzimi di fase I, parallelamente all’aumento di quelli di fase II, per conferire resistenza ai ROS o alla tossicità indotta chimicamente; sono necessari enzimi metabolici per iniziare la germinazione cellulare durante l’angiogenesi; le modifiche dell’apparato autofagico eliminano gli organelli difettosi per ridurre lo stress ossidativo e consentono alle cellule tumorali di far fronte alla loro elevata richiesta metabolica.

Un supporto per il coinvolgimento del metabolismo nel cancro deriva anche dall’identificazione delle mutazioni germinali nei geni metabolici dei pazienti affetti da tumori ereditari.

Sebbene i meccanismi precisi responsabili del complesso re-setting dei circuiti metabolici restino scarsamente comprensibili, è diventato chiaro che possono essere sfruttati come tallone d’Achille per il targeting terapeutico.

Le prove precliniche e cliniche, infatti, suggeriscono che i farmaci che bersagliano il metabolismo possono interferire in modo efficiente con la progressione del tumore. Nuove strategie che combinano i farmaci metabolici con la chemioterapia o terapie mirate sono ora in fase di valutazione, con la speranza che possano aiutare a superare l’insorgenza della resistenza, al momento la causa principale dell’insuccesso terapeutico.

TRAP1, un regolatore chiave della bioenergetica mitocondriale nelle cellule tumorali, impatta la crescita neoplastica sottoregolando sia il complesso respiratorio IV che la succinato deidrogenasi (SDH). L’inibizione di SDH causa l’accumulo di succinato e l’attivazione del fattore di trascrizione HIF-1α, che promuove l’utilizzo di glutammina e glucosio. Gli effetti di TRAP1 sulle cellule tumorali e la possibilità della sua interazione con altre proteine ​​client nelle cellule sono complessi. In questo scenario, la possibilità di collegare l’attività di TRAP1 con le vie di trasduzione oncogenica potrebbe chiarire il tipo di tumore e lo stadio in cui il re-setting metabolico richiesto da TRAP1 è fondamentale per la progressione neoplastica.

Altri ricercatori hanno illustrato il potenziale terapeutico nascosto nella Via dei Pentoso Fosfati anche se tale potenziale è fortemente limitato dalla mancanza di specifici inibitori farmacologici. Tuttavia, l’evidenza che l’aumento dell’espressione del glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) nell’epatocita è un evento precoce nei modelli animali di epatocarcinogenesi, è una caratteristica unica del processo tumorigenico e discrimina il carcinoma epatocellulare umano (HCC) dal tessuto peritumorale. Inibire la G6PD potrebbe portare a diminuzione della generazione di NADPH dopo l’inibizione del PPP ossidativo ottenendo quindi di

  1. sradicare selettivamente le cellule cancerogene diminuendo la loro resistenza ai livelli elevati di ROS intracellulare;
  2. aumentare, in combinazione con terapie già approvate (cioè, inibitori delle chinasi o altri agenti chemioterapici), la suscettibilità delle cellule tumorali ai farmaci antitumorali.

La perturbazione dell’omeostasi del reticolo endoplasmatico (ER) risulta in “stress ER”, che determina l’attivazione di un programma definito come risposta proteica esagerata (UPR), il cui scopo principale è quello di ripristinare l’attività fisiologica di questi organelli. Come sottolineato da Corazzari et al., sebbene il programma UPR sia principalmente un processo pro-sopravvivenza, lo stress prolungato può portare alla morte cellulare.

Alti livelli sierici di insulina e fattore di crescita insulino-simile 1, la disfunzione del tessuto adiposo e l’apporto esagerato di sostanze nutritive sono alcuni dei meccanismi attraverso i quali l’obesità sostiene la crescita cellulare maligna.

La relazione tra obesità e cancro è rafforzata dall’osservazione che attenuando le vie di segnalazione associate all’obesità e attivando le risposte allo stress dei nutrienti, i regimi di restrizione calorica riducono il rischio di cancro associato all’obesità.

Il tessuto adiposo è caratterizzato da abbondanza di macrofagi e altre cellule immunitarie che aumentano l’espressione di citochine pro-infiammatorie da parte degli adipociti. Di conseguenza, i livelli circolanti di citochine sono piuttosto alti negli individui in sovrappeso. In particolare, è stata identificata un’associazione epidemiologica altamente significativa tra alti livelli di citochine circolanti e rischio di cancro.
Autori: A. Columbano, S. Giordano
Fonte: Front. Oncol., 09 November 2017 https://doi.org/10.3389/fonc.2017.00266
Link della fonte: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fonc.2017.00266/full

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lun 4 dicembre 2017
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