Malattie infiammatorie croniche dell’intestino

In questo articolo si parla di:
- Le malattie infiammatorie intestinali
- Sintomi, diagnosi ed eziologia
- Trattamento farmacologico e dietoterapia
Le malattie infiammatorie intestinali
Le malattie infiammatorie intestinali (MICI), dall’inglese Inflammatory Bowel Disease (IBD), comprendono la colite ulcerosa (Ulcerative Colitis, UC), la malattia di Crohn (Crohn’s Disease, CD) e condizioni meno comuni come la colite microscopica. Nel mondo, circa 7 milioni di persone sono affette da IBD, con conseguenze negative e disagevoli sullo stato di salute generale. Solo in Italia, sono circa 150.000 – 200.000 le persone con IBD, con una leggera prevalenza per la colite ulcerosa.
Si tratta di malattie croniche caratterizzate da infiammazione del tratto gastrointestinale, come la mucosa e la parete dell’intestino. Ma non solo, se da una parte la colite ulcerosa interessa esclusivamente il colon e il retto, dall’altra parte, il morbo di Chron può riguardare anche lo stomaco, l’esofago e persino la bocca.
Sintomi, diagnosi ed eziologia
La sintomatologia tipica delle IBD include diarrea, dolore addominale, sanguinamento rettale (soprattutto nel caso di UC) e perdita di peso. La diagnosi differenziale tra UC e CD, complessa in molteplici casi, prevede l’utilizzo di radiografia, endoscopia, colonscopia e biopsia.
Le cause scatenanti non sono ancora del tutto note. Tra le ipotesi più accreditate si annovera l’eccessiva reazione immunologica nei confronti di antigeni presenti a livello intestinale. In aggiunta, si ipotizza una certa familiarità per la condizione di infiammazione cronica intestinale, anche se non si parla di vere e proprie malattie di tipo ereditario.
Inoltre, alcuni fattori ambientali possono concorrere allo sviluppo della condizione. Ad esempio, l’esposizione a:
- patogeni gastro-intestinali come virus, batteri, funghi e parassiti;
- antibiotici entro il primo anno di vita;
- fumo passivo.
Trattamento farmacologico e dietoterapia
Da notare che il trattamento delle IBD prevede l’utilizzo a lungo termine di farmaci immunomodulatori, come gli immunosoppressori in grado di diminuire la produzione di anticorpi sierici, oppure antinfiammatori. Invece, l’intervento nutrizionale è stato tradizionalmente meno enfatizzato.
Tuttavia, il ruolo della dieta è stato studiato sia come fattore di rischio per l’eziopatogenesi delle IBD sia come trattamento terapeutico della malattia nella fase attiva. A tal proposito, comprendere l’interazione tra i fattori dietetici, l’incidenza e la progressione della patologia è essenziale per intraprendere azioni preventive e terapeutiche efficaci.
In generale, a meno che non ci siano controindicazioni, i pazienti con IBD dovrebbero seguire una Dieta Mediterranea ricca di vitamine e minerali presenti, ad esempio, in frutta e verdura, grassi monoinsaturi provenienti dall’olio extra vergine di oliva o dalla frutta secca, carboidrati complessi dei cereali, proteine vegetali e animali, disponibili rispettivamente nei legumi e in pesce, carne, uova e formaggi. Devono, dunque, essere evitati gli alimenti ultra-processati o ricchi di sale e zuccheri aggiunti. È noto che una dieta povera di carne rossa e lavorata può ridurre la riacutizzazione della colite ulcerosa. Invece, dagli studi in letteratura non risulta che l’esclusione della carne rossa sia stata determinante nel limitare le ricadute nel caso di Morbo di Crohn.
Un ruolo preventivo sembra essere svolto anche dalla dieta vegetariana, nonché da una dieta a basso contenuto di zuccheri e lattosio. Tali protocolli dietetici sono associati a una minore incidenza e/o progressione delle malattie infiammatorie intestinali.
Inoltre, la dieta a basso contenuto di saccaridi e polioli fermentabili può alleviare la sintomatologia. Di contro, si tratta di un piano alimentare che potrebbe avere un impatto negativo sul microbiota intestinale e sull’adeguatezza nutrizionale.
Di fatti, le restrizioni alimentari, associate alle complicanze tipiche del paziente con IBD, possono condurre a malnutrizione. Pertanto, è necessario l’utilizzo di screening clinici validi per valutare un’eventuale condizione di malnutrizione solitamente associata a un calo ponderale non controllato con perdita di massa magra e grassa, edema e ritenzione idrica.
Ad ogni modo, a prescindere dalla dieta, potrebbero essere necessari ulteriori accorgimenti per quanto riguarda la consistenza dei cibi ingeriti dal paziente, sia a livello casalingo che ospedaliero.
In particolare, i soggetti con IBD potrebbero non tollerare alimenti vegetali fibrosi a causa della consistenza stessa. Quindi, è importante sensibilizzare sull’importanza della masticazione e sulla tipologia di cottura di alcuni alimenti al fine di ottenere una consistenza di più facile assunzione da parte del paziente.
Nonostante le difficoltà nella gestione delle fibre, è bene ricordare che gli alimenti ricchi di fibra possono contribuire all’integrità della barriera epiteliale intestinale e a ridurre l’infiammazione, spesso attraverso interazioni con il microbiota intestinale. Quest’ultimo sembra svolgere un ruolo importante nei processi infiammatori e nella progressione delle IBD.
Recenti ricerche sul morbo di Crohn supportano l’utilizzo della nutrizione liquida enterale a livello ospedaliero, al fine di favorire la remissione dei sintomi e correggere l’eventuale condizione di malnutrizione. In questo contesto, la nutrizione parenterale è invece utile per i pazienti che presentano insufficienza intestinale acuta e/o cronica.
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Bibliografia: