Nutrienti e rischio di demenza


La demenza è una delle sfide sanitarie più urgenti del nostro tempo, con implicazioni cliniche, sociali ed economiche sempre più rilevanti. L’interesse verso strategie di prevenzione primaria, inclusa la nutrizione personalizzata, è in costante crescita. Tuttavia, le evidenze sui rapporti tra singoli nutrienti e rischio di declino cognitivo sono rimaste finora frammentarie e spesso contraddittorie.
Uno studio recente ha utilizzato un approccio di associazione nutrizionale estesa (EWAS, Exposome-Wide Association Study) per analizzare in modo sistematico il legame tra 101 nutrienti dietetici e l’insorgenza di demenza, con risultati rilevanti per la pratica nutrizionale e la prevenzione mirata.
Metodologia: una fotografia dettagliata del rischio nutrizionale
Lo studio ha coinvolto 6280 adulti di età ≥50 anni, partecipanti al noto Health and Retirement Study (HRS), un ampio studio prospettico USA. L’assunzione nutrizionale è stata quantificata mediante questionario sulla frequenza alimentare (FFQ), mentre lo stato cognitivo è stato determinato tramite la classificazione Lang-Weir, validata per il tracciamento del declino cognitivo.
Attraverso modelli di regressione di Cox corretti per confronti multipli (FDR 0,05), sono stati identificati i nutrienti significativamente associati al rischio di demenza. I nutrienti selezionati sono stati poi integrati in un modello di regressione a rete elastica (ENET) per costruire un punteggio nutrizionale composito (CNS).
Principali risultati
Durante un follow-up medio di 6,76 anni, sono stati identificati 495 casi incidenti di demenza. Le principali evidenze emerse sono:
11 nutrienti sono risultati significativamente associati all’incidenza di demenza;
6 nutrienti associati a un aumento del rischio;
5 nutrienti associati a una riduzione del rischio.
Il punteggio composito (CNS) ha mostrato una forte correlazione con il rischio:
I partecipanti nel secondo terzile del punteggio presentavano un aumento del rischio del 43% (HR = 1,43, IC 95% = 1,11–1,84);
Nel terzo terzile, il rischio saliva all’80% (HR = 1,80, IC 95% = 1,42–2,27).
L’associazione tra punteggio nutrizionale e rischio di demenza era più marcata nelle donne, suggerendo possibili differenze di vulnerabilità biologica o risposte nutrizionali legate al genere.
Questi risultati rafforzano l’ipotesi che modulazioni nutrizionali mirate possano contribuire in modo sostanziale alla prevenzione del declino cognitivo, specialmente nei soggetti a rischio o nei contesti di invecchiamento fisiologico. Per i nutrizionisti, ciò implica:
- Valutare non solo singoli alimenti, ma il profilo nutrizionale complessivo, tenendo conto di interazioni tra nutrienti;
- Porre attenzione ai soggetti con profili dietetici sbilanciati, specialmente donne over 50;
- Integrare l’assessment nutrizionale con indicatori cognitivi, soprattutto in ottica preventiva;
- Considerare l’utilizzo di punteggi compositi nutrizionali (CNS) per una valutazione del rischio più predittiva e integrata.
Significato clinico
Questo studio rappresenta uno dei contributi più ampi e sistematici nel campo dell’epidemiologia nutrizionale della demenza. Identificare specifici nutrienti — e combinazioni di essi — associati al rischio cognitivo offre una base solida per lo sviluppo di strategie dietetiche personalizzate, in linea con i principi della nutrizione di precisione.
Sono ora auspicabili trial clinici randomizzati che confermino queste associazioni in un contesto causale e che testino l’efficacia degli interventi nutrizionali preventivi nella riduzione del rischio di demenza.

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