Efficacia della dieta nella prevenzione delle steatopatie

Un esperimento sui ratti
epatosteatosi

La steatoepatite non alcolica è fortemente dipendente dallo stile di vita e in particolare risente pesantemente delle abitudini alimentari.

I ricercatori giapponesi dell’Università di Nagoya hanno sviluppato un modello sperimentale di ratto spontaneamente iperteso  incline a ICTUS che con una dieta ad alto contenuto di colesterolo e grassi sviluppa  steatosi, infiammazione epatica e fibrosi severa, ma non obesità o diabete.

Gli scienziati hanno voluto chiarire l’efficacia di un intervento alimentare sulla malattia prima e dopo la comparsa di fibrosi.

Lo studio

Hanno osservato 9 gruppi di ratti maschi; di questi, 6 gruppi sono stati alimentati con dieta di controllo o a dieta ipercolesterolemica, per diverse settimane. I restanti 3 gruppi hanno rappresentato i gruppi di intervento alimentare, e sono stati alimentati con la dieta di controllo dopo l’allattamento e con dieta ipercolesterolemizzante per 2 settimane (prima della comparsa della fibrosi) o 8 settimane (dopo la comparsa di fibrosi).

La dieta ipercolesterolemizzante per 2 settimane non ha influenzato i livelli serici di trigliceridi, mentre l’alimentazione grassa per 8 settimane ne ha diminuito i livelli sierici. L’intervento dietetico successivo per 6 settimane ha poi ripristinato i livelli diminuiti riportandoli a quelli osservati nel gruppo di controllo a 14 settimane.

La dieta ad alti grassi/colesterolo ha aumentato in modo significativo i livelli di colesterolo del siero e epatici in tutti i periodi.

Il gruppo a dieta “grassa” per 2 settimane dopo l’allattamento ha ripristinato completamente i livelli sierici di colesterolo una volta messo a dieta di controllo. La dieta, iniziata dopo 6 settimane di alimentazione grassa, ha azzerato l’aumento dei livelli di colesterolo  e ha provocato anche la diminuzione dei livelli di colesterolo epatici; tuttavia, non è riuscita a ripristinare completamente i livelli del colesterolo iniziali.

L’intervento dietetico prima della comparsa di fibrosi ha migliorato significativamente la steatosi e ha portato a livelli normali le concentrazioni seriche di aspartato aminotransferasi sierica (AST), alanina aminotransferasi (ALT) e di colesterolo totale.

Dopo la comparsa di fibrosi invece l’intervento dietetico  non è stato in grado di ripristinare i livelli di colesterolo, ALT e markers della fibrogenesi  e ha avuto solo una scarsa influenza sulla fibrosi epatica.

La dieta in presenza di fibrosi ha ripristinato però l’espressione del fattore di crescita (TGF) -β1 e l’actina α del muscolo liscio (SMA).

È stato osservato che l’intervento dietetico ha migliorato l’aumento dei livelli di AST; tuttavia si sono osservate ancora cellule CD68-positive intorno alla zona di fibrosi, cosa che può spiegare i risultati di mRNA delle citochine infiammatorie.

Significato clinico

Nel loro insieme quindi questi dati sperimentali hanno dimostrato che l’intervento dietetico per la steatoepatite fibrotica ha migliorato la steatosi, anche se non ha potuto far regredire completamente la fibrosi.

Ha alterato l’espressione genica, la presenza di cellule CD68-positive, le citochine infiammatorie e dei livelli di ALT e livelli di colesterolo epatici.

I dati sottolineano quindi l’importanza della prevenzione: finché il fegato non presenta fibrosi, un intervento dietetico è efficace per ristabilire la condizione di salute epatica.
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Bibliografia :
Fonti :

mar 12 gennaio 2016
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