Dieta acida e obesità

Nuove evidenze dallo studio MASHAD
dieta-alcalina

L’obesità addominale – ovvero l’accumulo di grasso nella regione viscerale – è un fattore di rischio ben noto per la sindrome metabolica, le malattie cardiovascolari e il diabete di tipo 2. Negli ultimi anni, l’attenzione della ricerca si è concentrata non solo sulla quantità di calorie introdotte, ma anche sulla qualità della dieta, compreso il suo carico acido alimentare (Dietary Acid Load, DAL).

Cos’è il carico acido alimentare?

Ogni alimento che consumiamo, una volta metabolizzato, rilascia sostanze che possono avere un effetto acido o alcalino sull’organismo.

  • Frutta e verdura tendono a ridurre l’acidità corporea grazie al loro contenuto in sali minerali.
  • Carne, latticini, cereali raffinati e proteine animali, invece, aumentano il carico acido.

Un eccesso di acidità nella dieta può influenzare il metabolismo e, secondo diverse ipotesi, favorire l’accumulo di grasso viscerale.

Lo studio

Per approfondire questa relazione, un team di ricercatori ha analizzato i dati di 6.482 adulti, uomini e donne tra i 35 e i 65 anni, partecipanti al Mashhad Stroke and Heart Atherosclerotic Disorder (MASHAD) cohort study.

La dieta dei partecipanti è stata valutata tramite questionari validati, e il carico acido alimentare stimato attraverso tre indicatori:

  • PRAL (Potential Renal Acid Load): misura del potenziale carico acido renale.
  • NEAP (Net Endogenous Acid Production): stima della produzione acida endogena.
  • DAL (Dietary Acid Load): indice complessivo del carico acido derivante dalla dieta.

L’obesità addominale è stata valutata con metodi tradizionali, come la circonferenza vita (WC) e il rapporto vita-fianchi (WHR), e con indici più innovativi, come l’ABSI (A Body Shape Index) e l’AVI (Abdominal Volume Index).

L’analisi ha messo in luce alcune associazioni significative:

  • Nelle donne, valori più elevati di NEAP erano legati a un rischio maggiore di obesità addominale, misurata con circonferenza vita, rapporto vita-fianchi e, nel modello statistico più completo, anche con ABSI.
  • In entrambi i sessi, un alto livello di DAL risultava associato a un incremento delle probabilità di obesità addominale valutata da WC, WHR e AVI.
  • Al contrario, il PRAL non ha mostrato associazioni significative negli stessi modelli.

In sintesi, NEAP e DAL sembrano essere gli indici più sensibili per misurare l’impatto del carico acido alimentare sull’accumulo di grasso viscerale, con un effetto più marcato nelle donne.

Significato clinico

Questi risultati sottolineano l’importanza non solo di quante calorie si assumono, ma anche di quali alimenti compongono la dieta quotidiana. Una dieta ricca di frutta, verdura e alimenti alcalinizzanti potrebbe ridurre il rischio di accumulo adiposo addominale, mentre un’alimentazione con eccesso di proteine animali e cereali raffinati potrebbe favorirlo.

Lo studio MASHAD fornisce nuove evidenze sul ruolo dell’acidità alimentare come fattore di rischio per l’obesità addominale, rafforzando l’idea che la prevenzione delle malattie metaboliche passi anche da un equilibrio tra alimenti acidificanti e alcalinizzanti.

In attesa di ulteriori conferme, un messaggio pratico emerge chiaro: ridurre il consumo di cibi altamente acidificanti e aumentare quello di frutta e verdura non è solo una raccomandazione generale per la salute, ma potrebbe avere un impatto diretto sulla distribuzione del grasso corporeo e sulla prevenzione delle malattie croniche.

 

Bibliografia : Niloufar Abdollahpour, Farima Farsi, Glareh Koochackpoor et al

mar 7 ottobre 2025
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