Dalla pelle ai reni

Gli AGEs cutanei nel diabete
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La malattia renale diabetica (DKD) è una delle complicanze più gravi e comuni del diabete di tipo 2, spesso silenziosa ma progressiva, e rappresenta una delle principali cause di insufficienza renale cronica.

Identificare precocemente i soggetti a rischio è quindi fondamentale per intervenire in tempo e rallentare il danno renale.

Una nuova ricerca suggerisce che un semplice esame non invasivo della pelle, basato sull’autofluorescenza, potrebbe diventare un importante alleato nella prevenzione della DKD.

Che cos’è l’autofluorescenza cutanea?

Con il tempo, nei tessuti delle persone con diabete si accumulano i cosiddetti prodotti finali della glicazione avanzata (AGE), molecole dannose che si formano quando gli zuccheri si legano a proteine, lipidi o DNA.

Gli AGE contribuiscono all’invecchiamento dei tessuti e allo sviluppo di complicanze croniche, in particolare a livello renale, vascolare e oculare.

L’autofluorescenza cutanea (SAF) è una tecnologia che, attraverso un semplice sensore appoggiato sulla pelle dell’avambraccio, misura in modo indiretto la quantità di AGE presenti nel derma. È rapida, indolore e non richiede prelievi.

Lo studio: un legame tra pelle e reni

Un gruppo di ricercatori ha analizzato i dati di 1259 pazienti con diabete di tipo 2 ricoverati in ospedale. Hanno misurato i livelli di SAF e li hanno confrontati con parametri della funzionalità renale, come il filtrato glomerulare stimato (eGFR) e il rapporto albumina/creatinina urinario (UACR), entrambi indicatori chiave di salute renale.

I risultati hanno mostrato che:

  • Per ogni aumento di 1 unità di SAF, il rischio di avere malattia renale diabetica aumentava dell’1,6%.
  • La probabilità di DKD cresceva progressivamente nei pazienti con valori di SAF più elevati, seguendo una chiara relazione dose-risposta.
  • La SAF risultava più strettamente associata alla DKD rispetto all’emoglobina glicata (HbA1c), il parametro tradizionalmente usato per valutare il controllo glicemico.
  • Un SAF più elevato era anche correlato a una riduzione della funzionalità renale (con un calo di eGFR) e a un aumento dell’albuminuria, altro segnale precoce di danno renale.

Significato clinico

In termini pratici, questo studio indica che l’autofluorescenza cutanea potrebbe diventare un utile indicatore precoce per identificare i pazienti diabetici più a rischio di sviluppare danni renali, anche in presenza di valori apparentemente “buoni” di glicemia media (HbA1c).

L’uso della SAF potrebbe quindi affiancare gli esami di laboratorio tradizionali, permettendo un monitoraggio più completo e personalizzato del rischio renale nei pazienti con diabete di tipo 2.

In conclusione: la pelle può raccontare molto più di quanto immaginiamo. Monitorare i livelli di autofluorescenza cutanea nei diabetici potrebbe diventare un nuovo strumento per prevenire le complicanze renali e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

 

Bibliografia : Ziwei Liu, Jingjie Wang, Yuedong Zhao et al

mar 24 giugno 2025
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