Chetogenica anti-Alzheimer

Attività antiossidante e antinfiammatoria
Microbiota e Alzheimer

La dieta chetogenica, originariamente sviluppata per il trattamento dell’epilessia nei bambini non responders, si sta diffondendo per essere utilizzata nel trattamento di molte malattie, tra cui il morbo di Alzheimer.

L’attività principale della dieta chetogenica è stata correlata al miglioramento della funzione mitocondriale e alla riduzione dello stress ossidativo.

Il B-idrossibutirrato, il corpo chetonico più studiato, ha dimostrato di ridurre la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), migliorando la respirazione mitocondriale: stimola il sistema antiossidante cellulare endogeno con l’attivazione del fattore 2 correlato al fattore nucleare 2 derivato da eritroidi (Nrf2), modula il rapporto tra le forme ossidate e ridotte di nicotinamide adenina dinucleotide (NAD +/ NADH) e aumenta l’efficienza della catena di trasporto degli elettroni attraverso l’espressione delle proteine ​​di disaccoppiamento.

Inoltre, la dieta chetogenica svolge attività antinfiammatoria inibendo NF-kB e NLRP3 e inibendo le istone deacetilasi, migliorando la codifica della memoria.

Per quanto riguarda la malattia di Alzheimer, i risultati ottenuti finora applicando la dieta chetogenica al trattamento di diverse malattie neurologiche sembrano essere particolarmente interessanti per il recupero delle funzioni cognitive, sebbene siano numericamente limitati. I pochi studi condotti sugli esseri umani finora disponibili si basano su un progetto pre / post ma senza un gruppo di controllo di riferimento e senza randomizzazione. Di particolare interesse sono stati gli RCT che hanno correlato l’introduzione della chetogenica ad un miglioramento del vocabolario ricettivo verbale e del tempo di reazione nei bambini affetti da epilessia, nonché un miglioramento dell’attenzione e della memoria nei pazienti affetti da sclerosi multipla. I risultati hanno dimostrato le prove causali e hanno sottolineato la necessità di aumentare il numero di studi per dimostrare che il rapporto 4: 1 induce un miglioramento cognitivo nelle malattie neurologiche.

Le tecniche di metabolomica e le metodologie di integrazione basate sulla rete permetteranno di indagare l’interazione tra più geni, epigenetica e fattori ambientali, al fine di comprendere meglio la patogenesi del Morbo di Alzheimer, studiare e monitorare l’attività e l’efficacia di nuovi approcci terapeutici e, infine, sviluppare una gestione personalizzata della malattia.

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Bibliografia : Pinto A, Bonucci A, Maggi E, Corsi M, Businaro R.

lun 24 settembre 2018
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