La glucotossicità è l’effetto dannoso di un’esposizione cronica a elevate concentrazioni di glucosio, condizione che favorisce un aumento della sintesi dei prodotti finali della glicazione avanzata (AGE). Monitorarne la concentrazione è utile per la popolazione generale e soprattutto nel caso di patologie come il diabete.
Con il termine “glucotossicità” si fa riferimento alle problematiche legate all’esposizione costante a concentrazioni elevate di glucosio. Gli effetti di una iperglicemia cronica sono soprattutto a carico delle cellule deputate al controllo della glicemia, ovvero le cellule β del pancreas. In condizioni fisiologiche, tali cellule controllano la concentrazione ematica di zucchero attraverso la secrezione di insulina, garantendo l’omeostasi glicemica.
Studi in vitro evidenziano che la prima funzione che viene compromessa, a seguito di una eccessiva esposizione al glucosio, sia proprio la secrezione insulinica. Di fatti, l’iperglicemia rende le β-cellule insensibili allo stimolo glicemico e non capaci di rispondere con una adeguata secrezione dell’ormone.
Una condizione di iperglicemia, inoltre, favorisce uno stato di infiammazione generale, dovuto a un incremento di citochine pro-infiammatorie (come l’IL-1β), ulteriore potenziale fattore che si ritiene essere coinvolto nella disfunzione delle cellule β pancreatiche.
Dunque, la glucotossicità è un fattore da monitorare, specialmente nel caso di diabete di tipo 2, in cui l’iperglicemia è un sintomo distintivo della patologia e cruciale per lo sviluppo della stessa. Nel diabete di tipo 2, un deterioramento della funzione delle cellule β può essere rilevato in diversi modi e può essere osservato già in individui prediabetici. Ad esempio, il dosaggio dell’emoglobina glicata (HbA1c) consente di monitorare l’andamento della glicemia nei 2-3 mesi precedenti. Un valore > 6,5% di HbA1c è diagnostico di diabete, mentre un valore compreso tra 5,7% e 6,4% è indicativo di prediabete.
Si comprende che un valore elevato dell’Hba1c correla con uno scarso controllo glicemico. Tale esame si distingue dalla valutazione della concentrazione ematica di glucosio a digiuno. Di fatti, alcuni pazienti potrebbero avere un buon controllo della glicemia a digiuno ma alte concentrazioni post prandiali. I valori di glicemia a digiuno compresi tra 100 e 125 mg/dl sono indicativi di prediabete, mentre la diagnosi di diabete è supportata da valori superiori a 126 mg/dl.
In generale, l’eccesso di zucchero favorisce un aumento nella sintesi dei prodotti finali della glicazione avanzata (AGE). In questo contesto, l’emoglobina glicata è l’esempio più noto di AGE: le proteine in circolo, in questo caso l’emoglobina, legano le molecole di glucosio in eccesso concorrendo ad un aumento del valore di HbA1c.
A livello biochimico, gli AGE sono il risultato di reazioni non enzimatiche tra il glucosio e le proteine o i lipidi o ancora gli acidi nucleici: tale meccanismo prende, per l’appunto, il nome di glicazione.
In particolare, gli AGE sono coinvolti nell’induzione e nella progressione dell’aterosclerosi. Di fatti, legano specifici recettori (RAGE) espressi sulle cellule endoteliali promuovendo risposte allo stress cellulare, come infiammazione, trombosi e reclutamento dei leucociti e determinando delle modifiche cellulari strutturali e funzionali. Da ciò si comprende che la deposizione di AGE tissutali e i livelli sierici di AGE sono elevati nei pazienti con aumentato rischio cardiovascolare, come i pazienti con diabete mellito, insufficienza renale e malattia coronarica. Dunque, la concentrazione tissutale degli AGE è un valido predittore del rischio cardiovascolare.
Per la misurazione, il professionista può utilizzare l’AGE Reader, un dispositivo medico validato tramite biopsia cutanea, di semplice utilizzo, affidabile e non invasivo. La lettura è accurata, rapida – richiede esclusivamente 12 secondi per la rilevazione – e ripetibile.
Il dispositivo, dal 2006, è utilizzato nella pratica clinica e nella ricerca ed è stato validato in oltre 300 studi clinici che hanno dimostrato come l’autofluorescenza cutanea (SAF), generata dagli AGE, sia un forte predittore di rischio per mortalità, complicanze diabetiche ed eventi cardiovascolari. Ad esempio, in un recente studio del 2021, pubblicato da Boersma et al., la misurazione della SAF si conferma essere utile nella previsione dell’incidenza di mortalità e rischio di malattie cardiovascolari negli individui con diabete di tipo 2, con una correlazione maggiore rispetto ai livelli di colesterolo o pressione sanguigna.
Inoltre, l’accumulo di AGE svolge un ruolo critico in vari contesti come l’invecchiamento, il morbo di Alzheimer e lo stress ossidativo acuto o cronico. Per tale ragione, l’AGE Reader è ampiamente utilizzato nella valutazione dell’invecchiamento e come strumento diagnostico per avviare trattamenti personalizzati di Anti-Aging.
Per concludere, la lettura degli AGE è di supporto altresì nel contesto di una visita nutrizionale in quanto la loro concentrazione non correla esclusivamente con stili di vita scorretti (es. fumo di sigaretta) o con la presenza di eventuali patologie ma dipende anche dal tipo di alimentazione. Di fatti, gli AGE sono abbondanti nelle diete ricche di grassi e zuccheri lavorati e possono generarsi durante la preparazione, la cottura e la conservazione di determinati alimenti. Gli AGE contribuiscono alle proprietà organolettiche del cibo, conferendo – ad esempio – il caratteristico colore bruno e il profumo dei prodotti da forno. Non è un caso che la loro concentrazione sia elevata nei cibi cotti e trasformati.
Appare evidente che opportune modifiche nelle scelte alimentari possono avere conseguenze sulla concentrazione degli AGE. Scegliere uno stile alimentare sano e bilanciato permette di limitare le conseguenze di un’eccessiva esposizione ai prodotti finali della glicazione avanzata.
Per maggiori informazioni sullo strumento AGE Reader:
https://www.dsmedica.info/html/prodotti/age-reader.asp
Per le pubblicazioni scientifiche sull’AGE Reader:
https://www.dsmedica.info/html/pag/bibliografia-age-reader.asp
Bibliografia
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/B9780128015858000130?via%3Dihub
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