Longevi con stile


Migliorare simultaneamente più fattori di rischio cardiovascolare si associa a un rallentamento dell’invecchiamento epigenetico, con determinanti chiave diversi tra uomini e donne. È quanto emerge da un ampio studio condotto su quasi 2.000 soggetti coreani, pubblicato nell’ambito del Korean Genome and Epidemiology Study.
Lo studio
I ricercatori hanno analizzato 1.940 partecipanti adulti provenienti da due grandi coorti prospettiche, valutando la salute cardiovascolare (CVH) secondo il protocollo Life’s Essential 8 dell’American Heart Association. Sono stati inclusi sia fattori comportamentali (dieta, sonno, attività fisica, astensione da nicotina) sia indicatori clinici (BMI, profilo lipidico, glicemia, pressione arteriosa).
L’invecchiamento biologico è stato misurato sul DNA attraverso cinque indici di accelerazione epigenetica dell’età (EAA):
- Horvath DNAmAge (EAA intrinseca)
- Hannum DNAmAge (EAA estrinseca)
- PhenoAge
- GrimAge2
- DunedinPACE
Valori positivi di IEAA, EEAA, PhenoAA e Grim2AA indicano un invecchiamento epigenetico accelerato, mentre valori negativi indicano un invecchiamento decelerato.
DunedinPACE rappresenta il ritmo dell’invecchiamento biologico: valori superiori a 1 indicano un tasso di invecchiamento più rapido, mentre valori inferiori a 1 rappresentano un tasso di invecchiamento più lento.
È stato inoltre applicato un modello g-computation basato sui quantili per stimare il contributo relativo, sesso-specifico, dei singoli fattori CVH sull’EAA.
Lo studio ha confermato che un miglior profilo complessivo di salute cardiovascolare è risultato significativamente associato a una riduzione dell’accelerazione dell’invecchiamento epigenetico, con stime di associazione collettiva (ψ) comprese tra -4,29 e -0,79, a seconda dell’indice utilizzato.
Tuttavia, i fattori maggiormente determinanti variano in modo netto in base al sesso:
Negli uomini
- Astensione dal fumo e controllo glicemico sono emersi come i principali determinanti.
- L’astensione dalla nicotina ha spiegato fino al 91% dell’associazione tra CVH e riduzione del GrimAge2.
- Una glicemia ottimale ha rappresentato il 77–94% della riduzione osservata per GrimAge2 e DunedinPACE.
Nelle donne i fattori più influenti sono risultati:
- Attività fisica
- Controllo glicemico
- Gestione del peso (BMI)
- L’attività fisica ha spiegato il 44% della riduzione del GrimAge2.
- Una buona glicemia ha contribuito per circa 50–54% alla riduzione di GrimAge2 e DunedinPACE.
- Un BMI nella norma ha inciso per il 46% sulla riduzione della PhenoAge.
Lo studio conferma che interventi combinati sui fattori cardiovascolari producono un impatto significativo sull’età biologica, non solo sul rischio cardiovascolare tradizionale. Ma soprattutto evidenzia che le strategie preventive dovrebbero essere personalizzate per genere:
- Uomini: priorità a cessazione del fumo e controllo della glicemia
- Donne: enfasi su attività fisica regolare, controllo metabolico e gestione del peso
Significato clinico
Questi risultati rafforzano l’idea che nutrizione, attività fisica e controllo metabolico non agiscono solo sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari, ma modulano direttamente i meccanismi biologici dell’invecchiamento.
Per medici e nutrizionisti, ciò implica la necessità di integrare strategie preventive personalizzate, sensibili al genere, nei percorsi di prevenzione e promozione della longevità sana.

L’accoppiata vincente: dieta e movimento
