Cancro al colon, consumo di frutta secca e migliore sopravvivenza

Un'analisi osservazionale
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I pazienti con tumore al colon in stadio III che hanno mangiato almeno due porzioni di frutta secca alla settimana hanno mostrato una sopravvivenza libera da malattia (DFS) e una sopravvivenza globale (OS) significativamente superiori rispetto a coloro che non ne avevano mangiata. Sono i risultati di un’analisi osservazionale dello studio CALGB 8903, pubblicata da poco sul Journal of Clinical Oncology.

L’associazione tra l’assunzione complessiva di frutta secca e il miglioramento degli outcome è risultata coerente con altri fattori di rischio noti o sospetti di recidiva tumorale e mortalità.

Fatto interessante, la correlazione è risultata significativa solo per mandorle, noci nocciole, anacardi e noci pecan, ma non per le arachidi (che appartengono alla famiglia dei legumi). Nel caso delle arachidi si è osservato un trend verso un miglioramento degli outcome di sopravvivenza, ma non significativo.

“Questo studio prospettico su pazienti con un tumore al colon in stadio III suggerisce che una dieta caratterizzata da un consumo maggiore di frutta secca è associata a una riduzione significativa delle recidive e della mortalità” scrivono i ricercatori, coordinati da Charles S. Fuchs, dello Yale Cancer Center. “I risultati del nostro studio osservazionale, sebbene non stabiliscano l’esistenza di un nesso causale, offrono ulteriore supporto al ruolo della dieta e dello stile di vita come fattori di rischio modificabili degli outcome nei pazienti che hanno un cancro al colon”.

L’analisi dello studio CALGB 89803

Per il loro studio, Fuchs e i colleghi hanno analizzato 826 pazienti con carcinoma del colon in stadio III che erano stati arruolati nello studio randomizzato CALGB 89803, nel quale si erano confrontati due regimi diversi di chemioterapia adiuvante (fluorouracile e leucovorina settimanali rispetto a irinotecan, fluorouracile e leucovorina settimanali) nell’arco di tempo compreso fra l’aprile 1999 e il maggio 2001.

I pazienti avevano completato questionari semiquantitativi di 20 pagine sulla frequenza di assunzione degli alimenti che includevano 131 prodotti alimentari, integratori vitaminici e di sali minerali e sezioni con domande aperte su altri integratori e alimenti non specificamente elencati.

Ai partecipanti veniva chiesto con quale frequenza, in media, nei precedenti 3 mesi avevano consumato una porzione di un cibo specifico, con un massimo di 9 risposte possibili che andavano da mai a non meno di 6 volte al giorno.

Il primo questionario 1 è stato somministrato a metà della terapia adiuvante, 4 mesi dopo l’intervento chirurgico, mentre il secondo questionario è stato somministrato 6 mesi dopo la fine del trattamento, 14 mesi dopo l’intervento.

Nel questionario, un’oncia (pari a 28,35 g) era considerata una porzione di noci e noccioline. L’assunzione totale di frutta secca è stata calcolata come somma proporzionale ponderata di arachidi e tutti gli altri tipi di noci e gli autori hanno valutato in modo analogo l’assunzione di burro d’arachidi dichiarata dai pazienti.

DFS e OS migliorate nei consumatori di noci, ma non di arachidi

Dopo un follow-up mediano di 6,5 anni, coloro che avevano dichiarato di consumare non meno di due porzioni di frutta secca alla settimana hanno mostrato un miglioramento del 42% della DFS (HR 0,58; IC al 95% 0,37-0,92; Ptrend = 0,03) e del 57% dell’OS (HR 0,43; IC al 95% 0,25-0,74; Ptrend = 0,01).

Analizzando i sottogruppi, tuttavia, il beneficio è apparso limitato all’assunzione di frutta secca diversa dalle arachidi. Nel sottogruppo di pazienti che hanno mangiato i vari tipi di noci ad esclusione delle arachidi il miglioramento della DFS è stato del 46% (HR 0,54; IC al 95% 0,34-0,85, Ptrend = 0,04) e quello dell’OS del 53% (HR 0,47; IC al 95% 0,27-0,82; Ptrend = 0,04).

In questo sottogruppo si è anche osservata una tendenza verso una migliore sopravvivenza senza recidive (RFS), che tuttavia non ha raggiunto la significatività statistica (HR 0,70, IC al 95% 0,42-1,16, Ptrend = 0,15).

Invece, non si è trovata alcuna associazione significativa tra l’assunzione di burro di arachidi e DFS (Ptrend = 0,15), OS (Ptrend = 0,12) ed RFS (Ptrend = 0,09).

Nella analisi primarie sono stati esclusi i pazienti che sviluppavano una recidiva del cancro o morivano entro 60 giorni dal completamento del secondo questionario, per escludere la possibilità che variazioni nelle abitudini alimentari potessero riflettere la presenza di un tumore occulto o il decesso imminente.

Per affrontare ulteriormente questo problema, i ricercatori hanno ripetuto le analisi statistiche dopo aver escluso i 783 pazienti recidivati o deceduti entro 180 giorni dal completamento del secondo questionario e i risultati sono rimasti sostanzialmente invariati (HR 0,54; IC al 95% 0,32-0,89; Ptrend = 0,02).

Perché le noci?

Nella discussione, Fuchs e i colleghi osservano che i nutrienti presenti nella frutta secca, come gli acidi grassi insaturi, le fibre, le vitamine e i minerali, potrebbero avere proprietà anticancerogene e antinfiammatorie che potrebbero influenzare favorevolmente gli outcome nei pazienti con tumore al colon.

Inoltre, ipotizzano che le noci possano avere effetti benefici sull’iperinsulinemia e sul bilancio energetico, migliorando anche in questo modo gli outcome dei pazienti.

Gli autori avvertono che i risultati del loro studio osservazionale non dimostrano che le noci migliorano gli outcome dei pazienti con carcinoma del colon. Piuttosto, rafforzano ulteriormente le precedenti osservazioni secondo cui una dieta e uno stile di vita sani possono essere di beneficio in questi pazienti.

“Questi risultati sono in linea con quelli di molti altri studi osservazionali che indicano come un gran numero di comportamenti salutari – tra cui l’aumento dell’attività fisica, il mantenimento di un peso corporeo adeguato e una minore assunzione di zucchero e bevande zuccherate – migliorano i risultati dei pazienti con carcinoma del colon” ha dichiarato il primo firmatario dello studio Temidayo Fadelu, del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, nel Massachusetts, in una nota.

“I risultati sottolineano l’importanza di enfatizzare i fattori dietetici e legati allo stile di vita nella sopravvivenza al cancro del colon” ha aggiunto il ricercatore.

Bigliografia : A TerzaghiA Terzaghi
Fonti : http://ascopubs.org/doi/abs/10.1200/JCO.2017.75.5413?journalCode=jco&

mar 13 marzo 2018
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